Il termine grabbing, che nella sua accezione odierna più immediata è quella di prendere, impadronirsi. Nella caso della traduzione in italiano, accaparrare, il suo significato è più esplicito: incetta di merci, perpetrata sia per provocarne il loro rincaro e rivenderle a un prezzo superiore che per farne incetta e crearsi una riserva in previsione di un aumento del prezzo.
L’uso della parola land grabbing si affaccia sui media intorno al 2007 quando, a seguito della caduta del mercato immobiliare negli Stati Uniti e a pochi anni dell’esplosione della bolla finanziaria del high-tech le multinazionali e le grandi società finanziarie, decisero di cambiare rotta e iniziare a investire sulle merci-commodities-agricole. Gli investimenti speculativi sull’andamento del mercato agroalimentare iniziarono a essere, da allora, una proficua fonte di profitti per un numero di ristretto di agenti finanziari.
Gli effetti immediati sull’agricoltura di questo modello governato dalla Finanza sono colture intensive che alterano gli equilibri ecologici e sono causa di mutamenti climatici, poiché principalmente incentrate sul consumo di petrolio, abuso di fertilizzanti e pesticidi, spreco delle risorse idriche. È il fenomeno del land grabbing: l’acquisto o l’affitto sottocosto oppure l’espropriazione dei terreni alle popolazioni locali per grandi coltivazioni spesso a monocultura.
L’agricoltura familiare, al contrario, mette al centro le famiglie, in particolare le donne e i giovani, protagoniste dello sviluppo territoriale sia in Italia sia nei Paesi del Sud del mondo, restituendo alle comunità il diritto di produrre gli alimenti necessari al loro sostentamento attraverso un modello di produzione legato alla tradizione dei territori e in grado di apportare un miglioramento della qualità della vita.
Nell’agricoltura familiare l’apporto qualificato e peculiare dei piccoli produttori dipende proprio dall’essere costituiti in famiglia, dall’essere fondati sulla logica della gratuità e del dono, sulla vocazione ad abitare la Terra, con uno spirito di rispetto, di custodia e di sviluppo del Creato per tutti, generazione dopo generazione. Rappresenta la risposta più sostenibile ed efficace alla fame e alla malnutrizione di intere comunità coniugando diritto al cibo e dignità dell’uomo.
Infine, pone l’accento sull’alleanza globale tra gli agricoltori italiani, del Nord del mondo, e i contadini dei Paesi del Sud del mondo. Un’alleanza per la difesa del lavoro agricolo che, nonostante le diversità dei contesti territoriali a migliaia di chilometri di distanza, è caratterizzato dalle medesime problematiche riconducibili ad una logica sfrenata del profitto che non pone al centro né la dignità dell’uomo, né del suo lavoro.